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sabato 29 luglio 2017

Su alcuni fermenti del 1700

Superstizione, simboli, simbologia, falsità naturali, animali favolosi, uso della magia, steganografia del Tritemio, false credenze in vari campi, non escluse medicina e scienze naturali, in varia interpretazione ecclesiastica sino al basilare preilluminista settecentesco "Teatro Critico" di Padre Benedetto Gerolamo Feijoo. 
La lenta crisi dei Gesuiti che porterà alla loro soppressione ed alla loro sostituzione con i lazzaristi o signori della missione o preti della missione o vincenziani derivati dai lazzaristi o signori della missione o preti della missione o vincenziani opera di San Vincenzo De Paoli fu connessa a molti fattori che dal dispotismo illuminato portarono al vero e proprio illuminismo cui in Italia, oltre a temi legislativi e giuridici, ci si impegnò fortemente nella lotta contro ataviche superstizioni.
Un'opera del '600, "Esercizj di Missione" di Fra Domenico Serio della Saracena, moderata e convenzionale ai dettami canonici, risulta variamente tuttora ancora utile per intendere la POSIZIONE DELLA CHIESA IN VARI CAMPI NON ESCLUSE LE POSTAZIONI SCIENTIFICHE DAL TARDO SEICENTO AL SETTECENTO. Si noti per un richiamo a tutti, religiosi e laici, sia colti che non, attraverso l'uso del volgare italiano e non del latino - oltre che avverso altre PROBLEMATICHE PREGRESSE, COMPRESI I RICHIAMI A MAGGIOR SPIRITUALITA' E MINOR CURA DEL LATO TEMPORALE DEGLI STESSI ECCLESIASTICI NON ESCLUSE, IN SENSO SPECIFICO, LA SUPERSTIZIONE E LE MANIFESTAZIONI DI SACRILEGIO. Pratiche di magia nera e quindi sacrilegi erano stati perpetrati ed ancora nel '700 ciò avveniva a livello paneuropeo, con la partecipazione di ecclesiastici. A titolo di esempio e procedendo attraverso gli anni si può andare dalla vicenda del Prete Louis Gaufridy di cui si può leggere qui la tragica vicenda per giungere, soprassedendo ad altri esempi, a quella con iconografia qui proposta del Corpus Delicti, si può rammentare il settecentesco caso del prete sabaudo Albanelli per non menzionare - a monte e forse quale inizio di queste paure - la celebre e terribile Congiura "magica" denominata "Congiura Centini" avverso papa Urbano VIII cui parteciparono parimenti dei religiosi ed alti prelati. 

MA, COME ANTICIPATO. E' NEL '700, PERVASO DA TANTI FERMENTI DESTINATI POI AD ABBATTERE L'ANTICO REGIME, che a questo processo di rinnovamento in tanti settori, non escluso quello spirituale, parteciparono, certo con maggior moderazione, anche vari religiosi i quali si adoprarono a dimensionare gli eccessi di tanti ecclesiastici richiamandoli ad una esclusiva attività spiritale senza rigurgiti di vecchie e fantasiose se non perniciose credenze e contestualmente rivedendo l'intiero sistema gnoseologico procedendo anche dalla scienze naturali per procedere verso la medicina ed abbattere parimenti tante radicate convinzioni e superstizioni.
Tra costoro è necessario citare lo spagnolo Benedetto Gerolamo Feijoo, che oltre che a combattere le superstizioni come qui si vede (anche quelle concernenti medicina e scienze natura), portò avanti una sorprendente, per l'epoca, contro postulazioni storicamente avallate da Stati e Chiesa, rivalutazione della Condizione della Donna, astraendola dagli estremi di una demonizzazione cui l'aveva condotta, gradualmente, la più intransigente misoginia.
Qui comunque interessa principalmente proporre, con integrazioni moderne e collegamenti multimediali, e rammentare principalmente la lotta tenace avverso la "SUPERSTIZIONE" E LA SETTECENTESCA "DISTRUZIONE", CUI APPUNTO PARTECIPO' CON LA CITATA OPERA, il "Teatro Critico" di Benedetto Gerolamo Feijoo.

sabato 22 luglio 2017

Frugoni, Comante Eginetico

Su Carlo Innocenzo Frugoni (nato a Genova il 21 novembre 1692 da Giovan Stefano e da Camilla Isola, entrambi patrizi genovesi: morto a Parma il 20 dicembre 1768) vale la pena tuttora di riportaree quanto ne studiò G. B. Spotorno nel V volume della sua Storia Letteraria della Liguria, scrivendo dei Poeti Liguri  dei secoli XVII e XVIII (vedi qui l'Indice del volume V, integrato da altre notazioni, e calcolando che nel volume con i Poeti compaiono altri Uomini di Cultura e di Scienza). Dedicando al Frugoni un ampio spazio critico, sì da porlo in prima fila appunto nel capitolo dedicato ai poeti liguri (anche operanti fuori della Serenissima Repubblica di Genova, in base a quella che oggi si direbbe "fuga dei cervelli"  - tra i casi menzionati dallo Spotorno vale qui la pena di ricordare il genovese Giovanni Granelli e pure Giuseppe Luigi Biamonti di San Biagio della Cima che ebbe un'influenza panitaliana con il suo Addio al Giardino di Boboli, influenza che corse a lungo, senza peraltro fermarsi ma via via trasformandosi, dal Foscolo al Briano in merito alla poesia sepolcrale e delle rovine -). Essendo la Repubblica di Genova principalmente votata all'economia ed al commercio, sì da avere pochi casi di mecenatismo ed un accademismo modesto di fronte a quello di altre grandi città, nonostante il fiorire di talenti artistici e letterari ligustici come anche qui si vede.

Frugoni, figura di spicco nell'accademismo italiano del '700 scrisse molto (forse troppo e su troppi temi ma non senza qualità e sensibilità artistica), anche se tanti suoi contributi come qui, e solo a titolo d'esempio, andarono ad arricchire le raccolte di tante Accademi,e finendo talora per essere dispersi. 
Questo, qui digitalizzato, Volume di Carlo Innocenzo Frugoni (nell'Accademia di Arcadia con il nome pastorale di "Comante Eginetico") e che reca titolo di Rime dell'Abate Carlo Frugoni pubblicate sotto gli auspici della Sacra Real Cattolica Maestà di Elisabetta Farnese Regina delle Spagne (Parma, 1734) - a parte qualche pubblicazione di minor portata - risulta esser l'"unica opera a stampa edita "in vita" di questo prolifico autore, la cui Opera Omnia avverrà solo postuma nel 1779 (Stamperia Reale, Parma) a cura del Rezzonico.
 
Di questo volume delle Rime (ornato da una splendida stampa effigiante come qui si vede Elisabetta Farnese) ecco qui l'Indice, che rimanda a tutte le liriche digitalizzate, opere che come sopra detto spaziano su un'infinità di tematiche. Per curiosità, di questo procedere del Frugoni, rammentiamo alcune sue liriche, una assolutamente spirituale, come nel sonetto redatto, qual uomo di fede e ligure, in merito all'Antro eremitico della Maddalena presso Marsiglia, connesso peraltro a varie tematiche, non escluso certo il tema della "Via della Maddalena", implicante con un richiamo alla spiritualità altresì, implicitamente, un rimando ai pellegrinaggi della Fede, Su questo non si può escludere il fatto generale che in un'epoca di crescente anticlericalismo e di sviluppo di pensiero illuminista, la Chiesa andasse affrontando, tra varie tematiche epocali, il richiamo ad una superiore spiritualità ed a minori sue interferenze nella vita temporale degli Stati ed altre, fondamentalmente guerresche e legate ai successi spagnoli sull'Impero Turco, alle imprese vittoriose di Filippo V "Re delle Spagne" compreso il trionfo nella presa di Orano. 



domenica 16 luglio 2017

Il medico che attentò ad un Papa

Battista da Vercelli nacque a Vercelli nella seconda metà del sec. XV.
Si ignora se e dove abbia compiuto regolari studi di medicina.
Anche il suo nome è incerto: comunemente chiamato Battista da Vercelli nei documenti del tempo (ma talvolta anche Giovanni Battista), egli stesso si firmava nelle lettere degli ultimi anni con il cognome di De Ruviere, forse per concessione di un appartenente alla nobile casata.
Secondo alcuni scrittori il suo cognome sarebbe stato invece Vieri o de Viere.
Ben poco si sa anche della famiglia: aveva un fratello, Filiberto, che nel 1509 teneva a Venezia un banco di cavadenti e che negli anni successivi lo accompagnò come assistente nelle varie città italiane dove B. era chiamato per la sua fama di chirurgo; si sa anche che sposò una donna fiorentina dalla quale ebbe alcuni figli.
Nel 1502 B. era a Venezia, dove godeva una notevole fama per la sua abilità nel curare il "male della pietra", tanto da ottenere dalla signoria il titolo di cavaliere di San Marco e da raggiungere una notevole agiatezza economica.
Nel novembre del 1508, però, venuto a diverbio, non si sa per quali motivi, con un collega, il chirurgo Girolamo da Verona, lo uccise, incorrendo nelle sanzioni della Quarantia Criminale, che nel gennaio dell'anno successivo ne ordinò l'arresto e il processo per omicidio premeditato.
Egli si difese sostenendo di non aver avuto l'intenzione di uccidere il rivale e che il fatto era avvenuto inopinatamente durante una rissa.
Questa difesa sostenne anche sotto la tortura, alla quale venne ripetutamente sottoposto: ciò nonostante la Quarantia Criminale lo condannò a due anni di "prison forte" e al bando perpetuo.
Non risulta se B. scontò effettivamente la condanna; comunque nella primavera del 1512 era a Siena, dove godeva di grandissimo prestigio, sia per la sua abilità nell'estrazione della pietra, sia per i notevoli risultati ottenuti da un rimedio di sua invenzione per la cura del "mal francese".
Fu soprattutto in grazia di questo sistema di cura che egli si guadagnò la stima e la protezione del signore di Siena, Pandolfo Petrucci, e dei suoi figli Borghese e Alfonso; ma stimolati dalla fama di tante portentose guarigioni ottenute da B. - egli stesso assicurava di aver guarito con i suoi specifici circa quattrocento persone a Firenze - si sottoposero alle sue cure anche il marchese di Mantova, il cardinale Ippolito d'Este, il vescovo di Worcester Silvestro Gigli, ambasciatore d'Inghilterra presso la Santa Sede, nonché il fratello di Leone X, Giuliano de' Medici.
Quest'ultimo gli fu tanto grato delle cure prestategli che lo raccomandò al pontefice perché ottenesse dalla Repubblica di Venezia la revoca del bando al quale B. era stato condannato nel 1509; lo stesso Leone X intervenne con un breve presso la Signoria veneta alla fine del 1513e affidò poi le trattative all'internunzio Pietro Dovizi da Bibbiena.
La Repubblica non volle opporsi al desiderio del potente protettore di B. e finì per revocare il bando.
B. godeva anche di altre importanti relazioni alla corte pontificia, in particolare con il cameriere papale Luigi de Rossi e con il cubiculario Giulio Bianchi.
La protezione della famiglia Petrucci gli procurò il 20 luglio 1515 la cittadinanza di Siena e l'esenzione da ogni imposta; probabilmente in questa medesima occasione la città toscana coniò in onore del chirurgo vercellese una medaglia con la sua effigie [vedi sopra]: un esemplare è conservato nel Museo del Bargello di Firenze.
Nel marzo del 1516, però, estromesso da Siena Borghese Petrucci, B., forse per timore che l'amicizia con il deposto signore lo facesse vittima di qualche rappresaglia, abbandonò la città, rifugiandosi a Roma presso il fratello di Borghese, il cardinale Alfonso.
Nell'estate successiva, diffusasi la notizia della grave malattia che aveva colpito Leone X, si prodigò per ottenere di essere ammesso al posto di chirurgo del pontefice, rimasto vacante dopo il licenziamento di Iacopo da Brescia.
Assicurava di essere in grado di curare efficacemente la fistola della quale il pontefice era affetto, ma né la fama delle precedenti esperienze né le potenti protezioni su cui egli poteva contare indussero Leone X a servirsi di lui: probabilmente il pontefice non nutriva troppa fiducia nel familiare di coloro che egli aveva scacciato da Siena, sicché preferì richiamare Iacopo da Brescia. [integriamo con una glossa = in questi secoli solo meno della professione di medico ostetrico ed ancor più di "commare", ostetrica e poi balia la professione dei medici era guardata con sospetto specie negli alti casati per il timore di medici prezzolati da nemici che perpetrassero degli avvelenamenti (non per nulla in questi che furon detti secoli dei veleni fu creata la particolarissimia figura del servo assaggiatore di cibi) e a maggior ragione era giudicata rischiusa la professione di chirurgo data l'elevata mortalità connessa sia alla strumentazione ancora primitiva che all'assenza di anestetici, antidolorifici e antibatterici adatti a casi particolarmente gravi].
B. si trasferì allora a Firenze, dove lo attendeva la sua famiglia, ma venne arrestato per ordine del pontefice nel maggio del 1517.
Si erano concluse infatti le indagini sulla congiura, vera o presunta che fosse, dei cardinali Petrucci, Sauli [cugino di A. Giustiniani = G. B. Spotorno cita proprio il Giustiniani a dar contezza degli eventi della congiura con il concorso di Battista da Vercelli, contro alcune ipotesi del Bonino autore della Biografia Medica Piemontese] e Riario contro Leone X.
Nel corso degli interrogatori, ma soltanto dopo essere stato ripetutamente sottoposto alla tortura, il maestro di casa del cardinale Alfonso Petrucci, Marco Antonio Nino, aveva confessato che il suo padrone aveva progettato di uccidere il pontefice valendosi dell'opera di B., il quale, una volta ammesso a curare il papa, avrebbe dovuto avvelenarne la fistola mescolando il tossico all'elleboro bianco con cui Leone X usava curarsi.
Questa accusa contro i tre cardinali, che l'Ariosto riteneva valida ancora al tempo della sesta satira (cfr. Opere minori, Milano-Napoli 1954, p. 566, n. 117), venne formulata per la prima volta nell'interrogatorio del Nino il 27 apr. 1517 e pare che fosse in seguito confermata dalla scoperta di un gruppo di lettere scambiate nell'estate del 1516 tra il Petrucci e il Nino, con espressioni compromettenti sulla cura cui B. avrebbe dovuto sottoporre il pontefice.
Il processo contro il chirurgo piemontese, condotto dal procuratore fiscale Mario Perusco, che estorse all'inquisito una piena confessione con la tortura, si concluse con la condanna a morte.
Il 27 giugno 1517 B., assieme al Nino, fu pubblicamente torturato con tenaglie roventi, quindi impiccato e squartato presso ponte Sant'Angelo.


domenica 9 luglio 2017

Il controllo dei libri - ed altro ancora - da Roma Antica all'età barocca


Sin dai tempi di Roma Antica [quando praticamente vide gli albori la vera editoria - trattandosi anche di editoria privata - non solo sotto forma di pubblicazione di libri, benché manoscritti, ma anche sotto specie di distribuzione con relativa pubblicizzazione e conservazione come - ma certo non soltanto - nel caso dei pur effimeri Acta Diurna Populi Romani, sorta di protogiornalismo periodicamente divulgato anche nell'Impero e con un certo successo; ma dopo che gli Editori ne avevano depositato un esemplare presso l'Archivio di Stato] nelle Biblioteche, ma anche presso le Librerie, la "Ricerca dei Libri" (per acquisto o lettura) si svolgeva appuntandosi, da parte dei bibliotecari o dei librai, il titolo, specie se trattandosi di opera non troppo richiesta o comunque da individuare tra le tante, a testimonianza di una consuetudine tramandatasi per millenni. Del resto, ad ulteriore singolare coincidenza nell'Editoria attraverso i secoli, merita una nota attenta che divulgazione e spedizione degli Acta potesse avvenire solo dopo una sorta di "Licenza concessa dal Praefectus Urbis". Cosa questa che manca nella forma ed anche nella sostanza [fatti salvi comunque possibili provvedimenti censori avverso pubblicazioni contrarie o al decoro, od alla religione ed allo stesso Imperatore di consonanza] con la Censura Ecclesiastica e la Congregazioni dell'Indice [al limite seppur con tanta cautela vale l'asserzione ovidiana di una personale sfortuna per l'Error ed il Carmen, ove nel Carmen si è vista l'edizione dell'Ars Amandi opera nei contenuti certo contraria al processo augusteo di moralizzazione] ma che ha indubbie convergenze con la Licenza od Autorizzazione degli Stati a stampa e distribuzione, per esempio nel XVII secolo nei casi della Repubblica di Venezia e della Repubblica di Genova con tanto di doveri precisi da rispettare da parte degli Editori verso lo Stato.
Già dai tempi di Roma antica la salvaguardia di libri e documenti era comunque un principio importante dato il loro valore ed in "segreteria" quanto nelle sale di lettura si esposero regolamenti e normative. Tali provvedimenti continuarono attraverso i millenni...

Rispetto ai tempi pregressi quando variamente si pubblicava su manoscritti ed utilizzando questo vario materiale resta assolutamente fuor di qualsiasi dubbio che l'invenzione della stampa rappresentò un evento eccezionale e planetario ai fini della documentazione e della dstribuzione della cultura affatto inferiore a quello che oggi si attribuisce ai "Media" e alla "comunicazione informatica on line" ma tale straordinario evento attivò anche fenomeni sgraditi all'elitaria, anche culturalmente, società del tempo. Per esempio l'invenzione della stampa fu esaltata dallo stesso Martin Lutero costituendo essa la possibilità di dare alla luce un assai più considerevole materiale di lettura con notevoli effetti pubblicistici e capaci di alterare la paludosa inerzia intellettuale di grandi strati di popolazione.
In forza della cresciuta facoltà di divulgazione la stampa divenne quindi celermente un potente mezzo di dispute, come detto non più elitario, ma certo capace di incidere sulla vita socio politica come attesta e giurisdizionale il dibattito tra Paolo Sarpi e Francesco Bellarmino ovverossia tra Venezia e Roma.


Giammai bisogna poi dimenticare che dati gli equilibrismi del potere strutturato entro un'ambigua ma efficiente sinergia tra Stato e Chiesa la custodia dei libri e soprattutto la verifica dei loro contenuti poteva contestualmente coinvolgere, magari anche su piani diversi, tanto la Stato che la Chiesa.
Le postulazioni di Lutero come di vari suoi seguaci che principalmente parevano interessate e giustificate nell'agevolare il proselitismo religioso, specialmente nel caso più eclatante e combattuto delle "Diocesi Usbergo" o "Diocesi di Frontiera", donde potevano penetrare libri anticattolici, finivano, più o meno volutamente, sotto forma di propaganda parallela per materializzarsi contestualmente in idee alternative alla sanzione dell'immutabilità dello "statu quo" degli Stati, con la Chiesa, reputato custodia dello stato sociale ufficialmente riconosciuto quale perfetto, cioè dell'immobilismo dei ruoli ben distinti di egemonia quanto di subalternità.
Per quanto possa parere oggi sorprendente atteso che prevale certo attualmente la disanima sui "Massimi Sistemi", sui loro martiri e sui libri proibiti in materia, cioè sulla fiera lotta - non esente da vittime sull'una e sull'altra sponda - tra interpretazioni cosmologiche e quindi tra Scienza Nuova e vecchia Scienza Aristotelica
cosa peraltro indubbia e rilevante, risulta in base a quanto detto e ben oltre il mero fatto socio-morale del tutto destabilizzante rispetto al sistema, anche per l'implicita decadenza di una serie di segni distintivi e di sanzioni giuridiche e giurisdizionali, il caso della pubblicistica controriformista a pro delle prostitute reputate ben accolte - dalla diaspora cattolica - nell'ecumene riformato a condizione di convertirsi alle nuove idee.
Sì da diventare agenti dell'idea protestante e quindi dell'eresia, approfittando dell'impudicizia attribuita per via di libelli cattolici ai Riformati. Sin poi in qualità di streghe eretiche giungere al segno di usare i loro artifici di seduzione e fascinazione magica per trascinare dei già ferventi cattolici alla perdizione. Come  scritto dall'agostiniano Henricus Lancelotz che nell'opera Anatomia Christiani Deformati edita ad Anversa per i tipi di Hyeronimus Verduss nel 1613 (in merito all'organizzazione da parte degli eretici di veri e propri sabba di massa, come avrebbero fatto nel 1527, in una località della Svizzera, trecento di loro i quali, al termine di una funzione sacra) che esplicitamente così si espresse = " ....dopo aver cantato le lodi a Dio, spensero le luci e si diedero turpemente a saziare la propria libidine alla maniera degli animali. Poi salirono sopra la montagna più alta, convinti che da lassù sarebbero stati assunti in cielo con l'anima e il corpo. Non c'è da stupirsi d'altronde, dal momento che in precedenza Lutero aveva scritto che l'uomo ha bisogno del coito più che di mangiare e bere e, in altra occasione, disse = 'Se vostra moglie non ci sta, fatevi la serva...'".


sabato 1 luglio 2017

Streghe ed inquisitori del Cuneese

Antica veduta di Cuneo, precisamente L'esercito di Napoleone occupa la fortezza di Cuneo il 28 aprile 1796, Giuseppe Pietro Bagetti - Fonte: Wikipedia
Tra la metà e la fine del secolo XV, in quell’area che ora corrisponde alla Provincia di Cuneo, una cinquantina di persone furono consegnate dall’Inquisizione al Braccio Secolare (istituzione che eseguiva materialmente le pene) e arse vive: e del resto il Basso Piemonte, oltre ad esser permeato di interventi contro le streghe che lo avrebbero infestato, diede i natali ad inquisitori più o meno noti come il cinquecentesco Silvestro Mazzolini.
Nella sola città di Cuneo, in un giorno non precisato dell’anno 1445, vennero arse vive ventidue persone, solo perché considerate eretiche (l’esecuzione avvenne nei pressi dell’attuale l’ospedale S. Croce); i ventidue sfortunati facevano parte di una cospicua comunità valdese dimorante in e nei pressi di Bernezzo, erano chiamati "poveri di Lugano, Gazari o Valdesi", dopo l’esecuzione i loro beni furono confiscati. Gli inquisitori furono frate Giovanni Fiamma e Pietro Bertramo. Il fatto è menzionato da Marco Aurelio Rorengo, in un antico libro di memorie citato da Pietro Gioffredo nel 1650: "…namque tunc pullulabat super Bernecium haeresis pauperum de Lugdano, qui a quibusdam appellabantur Gazari, ab aliquibus Valdenses, et intitulati a Magistris Johanne Fiamma et Bertramo Pere Inquisitoribus haereticae pravitatis; et in summa reperti fuerint XXII relapsi, et in Cuneo condemnati igne cremati sunt, et eorum bona praefatio Domino confiscata… ".
Verzuolo, 26 maggio 1497…si scelgano tre o quattro persone che vadano dall’illustre signore e marchese ad ottenere il permesso per gli uomini di Verzuolo di recarsi a colloquio dall’Inquisitore e giudice delle false teorie eretiche al fine di ricercare gli eretici e le dottrine errate (…) per il bene della Comunità si stabilì che venissero scelte tre o quattro persone per andare a Saluzzo a chiedere all’illustre signor Marchese fino a che punto volesse concedere la facoltà alla Comunità ed alla gente verzuolese di portare a Verzuolo l’Inquisitore delle falsità eretiche per ricercare i sospetti di eresia o gli eretici e le masche ed altre simili persone che sono fuori della religione cattolica, poiché arrecano molto danno nel suddetto paese e nel territorio di questa località… ".
" Verzuolo, 13 luglio 1497…si conviene di scegliere due persone che vadano a Saluzzo a concordare i provvedimenti da stabilirsi col reverendo Signor Inquisitore (…) si diedero disposizioni che venissero scelti… ".
" Verzuolo, 5 agosto 1497…si conviene di predisporre le spese relative al reverendo Signor Inquisitore ed al suo collaboratore che devono svolgere l’incarico di giudici delle false dottrine eretiche nel paese di Verzuolo. Si stabilì che le spese per il reverendo Signor Inquisitore ed il suo collaboratore vengano ascritte alle spese pubbliche per otto giorni e non oltre e che i giudici cerchino due testimoni per procurarsi informazioni dal segretario del reverendo Signor Inquisitore di Savigliano. Parimenti si scelgano tre o quattro persone che saranno sempre presenti e parteciperanno quindi alle indagini da compiersi circa le persone incarcerate o da incarcerare, riguardo alle false teorie delle masche e degli eretici… ".
" Verzuolo, 21 agosto 1497…si convenne che la Comunità si impegnava a sostenere le spese per il reverendo Signor Inquisitore e per il suo collaboratore e ciò fino a che non si trovassero colore che erano caduti nell’errore dell’eresia e si stabilì che ai prigionieri e ai condannati venissero pagati i debiti; e il nostro illustre padrone Signor Marchese promise di aiutare la Comunità e di pagare le spese relative ai suddetti debiti… ".
Verzuolo (CN) - Fonte: Wikipedia
Nel 1497, altri documenti pubblicati da Ferdinando Gabotto nel 1898, ci informano che anche Verzuolo invoca l’Inquisizione contro eretici e streghe (masche): "

Cinquecentina - Fonte: Comune di Barcellona Pozzo di Gotto
Nella bibliografia del Mazzolini, lo studio della stregoneria ebbe un posto importante: se ne occupò nel dizionario teologico Summa summarum, nella voce Haeresis, pubblicato a Bologna nel 1514 e che ebbe numerose ristampe. In questo testo l’autore pone in evidenza alcuni aspetti fondamentali della stregoneria, limitandosi ad indicarli come temi ricorrenti, ma non ancora approfonditi. Le streghe, per l’inquisitore, erano esponenti della cultura contadina, generalmente donne che accettavano di partecipare al sabba, non solo per il piacere di entrare in possesso di conoscenze e poteri straordinari, ma spesso per disperazione e necessità di scorgere una possibilità per sfuggire alla propria condizione precaria.
Nel trattato De strigimagarum demonumque mirandis, che fu stampato nel 1520, troviamo invece una trattazione più articolata e complessa. Tra le note originali della ricerca, il termine coniato dal Mazzolini per definire le donne che di notte si ritrovavano al sabba: strigimagae. Nella voce Haeresis, suddivisa in otto punti, non si trova ancora il riferimento alle strigimaghe, rinvenuto invece nel più articolato studio monografico che però ebbe scarso successo e del quale si conosce solo una prima stampa. Come già detto, Mazzolini si limita a sottolineare che le streghe sono "gente di campagna e di sesso femminile", datesi al diavolo "per piacere e disperazione", ma non approfondisce la questione, fermandosi ad una considerazione epidermica. Di contro, dal secondo punto in poi analizza con precisione quasi maniacale documenti storici fondamentali per la lotta contro la stregoneria, come il Canon Episcopi , il Formicarium del Nider e il Malleus Maleficarum che considera " Magni viri ". Nel De strigimagarum demonumque mirandis riportiamo alcuni frammenti che ci pare possano offrire delle preziose indicazioni sulla riflessione teologica, coadiuvata dall’indagine sul territorio, del Prierias. Di certo sono innegabili le connessioni con il patrimonio culturale coevo, in particolare per quanto riguarda l’aspetto eminentemente giuridico, mentre sul piano dell’interpretazione dei fenomeni, si può ritenere degno di nota il tentativo dell’inquisitore piemontese di tracciare una nitida separazione tra le streghe adepte di Satana e le appartenenti a sette in cui erano individuabili le reminescenze di tradizioni cultuali precristiane." Le due sette, quella seguace di Diana e quella odierna delle strigimaghe, concordano in quanto a genere: eresia, superstizione e illusione diabolica, ma differiscono quanto specie. Dunque il Canon sembra proibire che le strigimaghe vengano portate realmente al sabba. Sebbene esso non parli di strigimaghe ma piuttosto di un’altra setta, come si è mostrato, sembra tuttavia accennare ad esse, in quanto entrambe le sette credono nella realtà del trasporto. Tuttavia sono del parere che in realtà il Canon non sostiene ciò: non lo si può argomentare dal testo, se non per ignoranza. Anzitutto, non v’è dubbio alcuno che in quel luogo la setta delle strigimaghe non era ancora nata, in quanto si formò circa nel 1404, al tempo di Innocenzo VIII, coma appare dalla sua Bolla (...). Sovente fanciulli e fanciulle di dodici o otto anni, per ammaestramento o esortazione degli inquisitori si ravvedono, ad essi viene comandato, a miracolo di un così grande fatto, di danzare come fanno al sabba. Questi bambini danzano in modo tale che nessun esperto potrebbe negare che sono stati ammaestrati da qualche arte superiore, che trascende da quella umana. Infatti queste danze sono in tutto dissimili da quelle umane, in quanto in esse la femmina si sostiene dietro la schiena del maschio e si balla non avanzando ma indietreggiando. Alla fine del ballo, quando si deve riverire il diavolo che presiede il sabba, gli offrono le terga e inchinano la testa non davanti ma dietro e non piegano indietro il piede, ma davanti, sollevandosi in alto. Compiono tutto ciò con tanta grazia ed eleganza che è impossibile averlo appreso subito e in così tenera età (...). Io desidero tantissimo che qualcuno dei nostri reverendissimi cardinali si prenda l’incarico di far giungere a Roma dieci di questi fanciulli e fanciulle (il che è facilissimo) per offrire anche a quella città un grande spettacolo e togliere agli increduli il velo alquanto esteso di cecità "